domenica 29 novembre 2015

PAURA e SUGGESTIONE

Polizia raddoppiata, agenti armati all’ingresso della metropolitana, blindati agli incroci. E poi i controlli, concentrati sulle persone dall’aspetto mediorientale, sulle donne che portano il velo, su chi ha la pelle più scura di quella degli indigeni (in questo caso gli italiani).
Comprensibile? Sì, emotivamente comprensibile.
Utile? Sì, utile a rassicurare chi vuole sentirsi rassicurato. Un po’ meno utile se riflettiamo sulla oggettiva impossibilità di controllare tutto e tutti e sul fatto che se qualcuno volesse davvero organizzare un attentato non si fermerebbe certo per qualche controllo in più.
E’ normale che, dopo i fatti di Parigi, siano stati disposti maggiori controlli: li esige la paura, li offre chi deve e vuole rassicurare chi ha paura.
Un po’ meno normale la prevedibile semplificazione della risposta, la scorciatoia del ragionamento che appare calibrato più sulla pancia di chi ha paura che sull’analisi dei dati. Davvero pensiamo che l’abbigliamento e il colore della pelle siano indicatori di maggior rischio? Coloro che organizzano attentati sono pericolosi criminali, ma non sono ingenui e sprovveduti. Che problema avrebbero ad affidare il trasporto di armi a un ragazzo biondo con gli occhi azzurri visto che la polizia ferma solo quelli olivastri con gli occhi neri?
Cercando di andare oltre la suggestione degli ultimi fatti, siamo sicuri che i dati oggettivi sul terrorismo confermino le “certezze” che crediamo di avere? I più recenti avvenimenti hanno lasciato a molti la convinzione che il terrorismo sia prevalentemente di matrice religiosa (in particolare islamica), che sia focalizzato sulla distruzione della cultura occidentale (cristiana?), che sia il pericolo più grave che corriamo per la nostra incolumità. Sicuri che le cose stiano davvero così?
Un articolo di Filippo Petrocelli [http://goo.gl/GPrPNw] riporta dati interessanti tratti dal Global Terrorism Index, che smentiscono tutte e tre le convinzioni appena ricordate.
Nel 2013 ci sono stati 10.000 attentati con circa 18.000 vittime, il 61% di più del 2012.
Un fenomeno in crescita ma molto più circoscritto di quanto si rappresenti sui mezzi di informazione. Delle circa 18.000 vittime infatti, almeno 15.000 sono perite in cinque paesi: Iraq, Siria, Nigeria, Afganistan e Pakistan. Sono paesi a stragrande maggioranza musulmana e le prime vittime dei terroristi non sono i cristiani, né le minoranze etnico-religiose dell’area mediorientale, piuttosto sono i musulmani, almeno nell’82% dei casi.
Non esiste insomma uno scontro di civiltà ma piuttosto un attacco disperato di una minoranza che sfrutta la religione a proprio vantaggio e agisce contro la propria comunità di riferimento. Insomma se mai dovesse esserci qualcuno che teme per la propria incolumità, questi dovrebbero essere i musulmani stessi, di gran lunga le prime vittime di questo fenomeno nefasto
.”
Gli attentati nei paesi occidentali (area OCSE) sono meno del 5% ma, pur avendo causato un numero basso di vittime, sono riusciti e stanno riuscendo a diffondere insicurezza e instabilità soprattutto nell’immaginario, contagiandoci con il morbo della paura.
Parlare alla “pancia” delle persone è la forza dei terroristi, di ieri come di oggi.
Avere paura è comprensibile, ma ricordiamoci che più noi abbiamo paura, più loro hanno vinto.
E’ su questo piano che dobbiamo batterli. La moltiplicazione ostentata di mitragliette ed autoblindo rappresenta più il simbolo della loro vittoria che la misura della nostra sicurezza.
La paura si vince più con la ragione che con la forza.

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