domenica 14 febbraio 2016

BISOGNI e DESIDERI



C’è differenza tra “bisogno” e “desiderio”.
Non avevo mai colto la sostanziale differenza tra i due concetti e li utilizzavo,  superficialmente, quasi come sinonimi. Pochi giorni fa in un articolo (che parlava di tutt’altro) ho trovato l’affermazione che mi ha acceso la luce: “il bisogno è mancanza, il desiderio è slancio”.
Non sono solo concetti diversi: sono due dimensioni alternative.
Bisogno è mangiare, bere, avere un tetto: importante, certo, ma è lo stesso per un topo, un gabbiano o un capodoglio.
Bisogno è avere un lavoro, riconoscimento sociale, sicurezza: importantissimo, certo, ma è colmare un vuoto, una mancanza che mi fa stare male, una necessità che non scelgo e che deriva dal mio vivere insieme ad altri in un sistema sociale organizzato.

Ma il desiderio è altro:
Il desiderio è il sogno, il progetto;
il desiderio è la cifra dell’uomo, il sintomo della libertà, la condizione della decisione.
Il desiderio non è un bisogno “allargato”, è fatto di altra sostanza, è una ipotesi che mi nasce dentro, di cui mi innamoro, che decido di perseguire perché in essa riconosco valore.
I desideri sono la mia vera vita, è in essi che si gioca e si decide la mia identità più autentica.
I miei bisogni sono più piccoli di me, i miei desideri più grandi.
Un bisogno si soddisfa, un desiderio si percorre.

Sono decisamente due cose diverse e l’augurio più bello che si possa fare a qualcuno è di avere pochi bisogni e tanti desideri.

mercoledì 10 febbraio 2016

“YOUR CHILDREN ARE NOT YOUR CHILDREN”


(breve riflessione per adulti dedicata a chi ha figli e crede di essere loro indispensabile)
  • - Test di gravidanza, ecografia, sala travaglio.  “Fammelo tenere in braccio
  • - Rigurgiti sulla spalla, nido, materna, elementari.  “Sei pronto per la piscina?
  • - Medie, motorino, liceo, patente...  “Prendo la macchina
  • - Esami, esami, esami. Tesi rilegata.  “Stasera non torno
Anni veloci. Anni che sembrano non finire mai e invece volano. E finiscono.
I tuoi figli vivono anche se tu non ci sei e vivranno anche quando tu non ci sarai più.
La convinzione che non possano vivere senza di te è solo un gradevole equivoco (che inconsapevolmente facciamo di tutto per alimentare).
La dipendenza dell’infanzia scompare molto prima di quanto non siamo disposti ad ammettere e viviamo come una minaccia l’accelerazione verso l’autonomia invece di goderne come di si gode di un successo, invece di dire che è giusto così, che è bello così.
Confondiamo la nostra funzione di genitori con l’affetto che nutriamo verso i nostri figli.
La funzione è limitata nel tempo e nel merito; non solo finisce, ma DEVE finire per avere successo.
Essa consiste nello star loro vicino negli anni della crescita perché poi possano fare da soli: come per tutte le specie animali. La differenza della nostra specie è nella durata di questo periodo di “assistenza” (molto più lungo) e soprattutto nel fatto che questa non si limita al piano fisico ma si esercita sul piano culturale: il linguaggio, la comunicazione, la relazione, l’accesso al sapere, le regole sociali, le regole economiche.
Un lavoro complesso, certo, ma comunque a tempo determinato.
Si tratta soprattutto di fornire (per fortuna non da soli!) una cassetta degli attrezzi e opportunità per attrezzarsi ulteriormente. Non molto più che qualche “dritta” e arriva rapidamente il momento in cui non hai più niente da dire, più niente da dare: non è la tua sconfitta, è la tua vittoria! Dovrebbe essere una festa! Come sempre solo il distacco, la “perdita”, consente che ci sia una cosa nuova. (Un film tutto da vedere, ma da spettatori).

“I vostri figli non sono figli vostri. Sono figli e figlie della sete che la vita ha di se stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi, e benché vivano con voi non vi appartengono.
Potete donare loro amore ma non i vostri pensieri: essi hanno i loro pensieri.
Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime: esse abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno.
Potete tentare di essere simili a loro, ma non farli simili a voi: la vita procede e non s'attarda sul passato.”
Khalil Gibran, Il Profeta, 1923