mercoledì 22 novembre 2017

RISCHIARE


Due cose danno la misura di quanto siamo veramente adulti: la capacità di essere responsabili e quella di saper correre rischi. Due capacità preziose che tutti apprezziamo e ammiriamo come tratti distintivi di valore.
Sono capacità che non si possono insegnare formalmente, possiamo solo apprenderle con un faticoso tirocinio di cui la vita non manca di darci l’opportunità; sono alla base della fiducia nel lavoro e nelle relazioni personali, tutti vorremmo avere a fianco qualcuno davvero responsabile e capace di assumersi il rischio di agire!
Insomma due qualità di “rango”, connesse tra loro e da sempre celebrate come segno di maturità e coraggio. Eppure.



Eppure ci muoviamo esattamente in senso contrario. Ci industriamo in tutti i modi per evitare di correre rischi e di assumerci responsabilità. Stipuliamo polizze che ci tutelino in ogni circostanza, evitiamo accuratamente di esporci, siamo abilissimi nel girarci dall’altra parte e maghi del “ma anche”. La responsabilità poi -si sa- è sempre condivisa, corale, diffusa, diluita… praticamente impossibile dire di chi è. Il paradosso è che -così facendo- siamo intimamente persuasi di essere molto furbi, convinti che il massimo della sagacia consista nel riuscire a guadagnare una sorta di invisibilità di fronte alle possibili avversità della vita.

Viviamo -per così dire- a motore spento, senza fare rumore,  andiamo alla grande in discesa ma ci areniamo in salita, ovviamente addossandone la colpa chi non ha il coraggio di assumersi responsabilità e rischi. Il fatto è che la vita -quella vera- non funziona così, non è mai tutta in discesa e la posta in gioco non è l’invisibilità. Non è possibile evitare di correre rischi e assumersi responsabilità, o meglio lo è (quasi) ma solo al prezzo di essere inutili e di scaricare su altri le conseguenze delle responsabilità che rifiutiamo di prenderci.

Non esiste potere senza responsabilità e non esiste decisione senza rischio, chi ci vuole convincere del contrario è un venditore di pentole. Le cose più belle e importanti della vita le facciamo quando accettiamo la responsabilità e il rischio, il resto è volume.



martedì 31 ottobre 2017

AMO LA GEOGRAFIA


La geografia è da sempre la materia che amo di più, l’unica in grado di dirmi “tu sei qui.
Considero il planisfero la vera planimetria di casa mia, i metri quadri dell’appartamento che abito sono solo la minuscola porzione di planisfero che sto occupando. La mia vera casa è grande centocinquanta milioni di chilometri quadrati e ci abitiamo in sette miliardi. Come si fa a non essere curiosi?
E’ la geografia a darmi informazioni sulla stanza accanto, sul paese accanto, sul continente accanto e come potrei capire me stesso senza capire dove e come vivono gli altri, senza poter fare confronti, cogliere analogie e differenze? Ho bisogno di sapere come si vive dove fa molto caldo o molto freddo, dove e perché ci sono persone che fanno la fame e si spostano per sopravvivere, e voglio anche capire perché si spostano là e non qua.
Altro che un noioso elenco di monti, fiumi, confini! Geografia è sapere come è fatto il mondo, è conoscere il nome di luoghi e città, è immaginare di andarci, è voglia di incontrare gente, di conoscere per conoscersi. Geografia è dare le giuste proporzioni ai concetti di “vicino” e “lontano”, di “grande” e “piccolo”, è rendersi conto che non siamo il centro del mondo perché il mondo un centro non ce l’ha, è il fondamento del rispetto della diversità degli altri perché inevitabilmente ognuno è il “diverso” di  qualcun altro.
Passerei ore davanti al planisfero per scoprire zone nuove e nomi nuovi, per chiedermi come sarà quella città o quella regione e per agganciare a quella mappa i ricordi dei luoghi in cui sono stato o in cui ho vissuto e i volti degli amici che so essere ora qui, lì, lassù, laggiù...
Sarò forse eccessivamente ottimista, ma sono convinto che se conoscessimo meglio dove e come la gente vive, capiremmo meglio quello che succede nel mondo e saremmo molto più cauti nel tracciare le numerose frontiere mentali che ci ingabbiano la mente. La smetteremmo di pensare che al di là dell’orizzonte che conosciamo si estende una generica area ignota ed ostile (gli antichi scrivevano sulle mappe “hic sunt leones) per cominciare finalmente a dare un nome alle cose e alle persone, come giustamente pretendiamo che gli altri facciano con noi.
Non mi sono mai pentito dei soldi spesi per viaggiare, nel mio bilancio li segno nella colonna investimenti.