domenica 27 febbraio 2011

L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEL VOTO

Una ventina di anni fa, a Porto Alegre, ho incontrato una anziana suora brasiliana che alle elezioni dell’anno precedente aveva votato convinta per il presidente Fernando Collor de Mello.
Rimasi un po’ stupito visto che sul presidente pendevano gravi accuse di corruzione, evasione fiscale, interessi privati e la sua fallimentare politica economica non era apprezzata né in Brasile, né all’estero. Pochi mesi dopo Collor de Mello fu destituito dal parlamento in seguito ad un procedimento di impeachment.
Chiesi allora all’anziana suorina cosa l’avesse convinta a votare per lui e perché ne fosse così entusiasta, e lei candidamente mi confessò di non capire molto di politica ma che lo trovava molto bello. Già, disse proprio così, “molto bello”, il che -tra l’altro- era vero: si trattava di un aitante quarantenne che aveva sostituito un panciuto sessantenne (Josè Sarney).
Provai ad obiettare che la bellezza non mi sembrava un buon criterio nella scelta di un uomo politico, ma lei continuò a sorridere e a ribadire convinta che, non essendo in grado di valutare altri aspetti, aveva scelto l’unico che la convinceva, poi cambiò discorso perché di lì a poco iniziava la puntata quotidiana di “Explode o coração”, la sua telenovela preferita.
Tornai dal Brasile pensando che in una democrazia adulta (come allora credevo quella italiana) le persone non votano in base alla bellezza o alla ricchezza, ma in base alle idee, ai valori, ai programmi o -nei casi meno “puri”- in base ai vantaggi che ritengono possa portar loro l’elezione di un candidato piuttosto che un altro.
Oggi la penso diversamente.
Oggi sono convinto che la percentuale delle persone che davvero scelgono per chi votare alla fine di un ragionamento che saprebbero esporre e motivare è molto bassa e, poiché la base del suffragio universale è il principio “one man, one vote”, essa risulta scarsamente influente sull’esito delle elezioni.
Ovviamente oggi suonerebbe ridicolo il principio con cui si votò la prima volta in Italia nel 1861: solo i maschi che sapevano leggere e scrivere, maggiori di 25 anni e che pagavano almeno 40 lire di imposte. Nulla da eccepire sul voto alle donne, ai diciottenni e svincolato dal  reddito, ma -sinceramente- sul saper “leggere e scrivere” un pensierino ce lo farei…
Fantasie intellettuali a parte, in base a quali criteri le persone scelgono chi votare ? (Voglio dire nella realtà, non nel pianeta inesistente del mondo come vorremmo che fosse).
Non basta dire che ognuno sceglie in base alle proprie convinzioni, quello che bisogna capire è come si alimentano queste “convinzioni” e poi, siamo davvero sicuri che si tratta di convinzioni ? La suorina brasiliana era davvero “convinta” che la bellezza fosse un buon criterio o piuttosto aveva seguito l’emozione senza starci a pensare più di tanto ?
Fatta salva la minoranza – e chi ha letto fino a qui ne fa probabilmente parte- che alimenta le proprie convinzioni con la riflessione sui valori, l’analisi dei dati oggettivi, la valutazione della coerenza e della fattibilità dei programmi e il giudizio motivato sui candidati (ad essere generosi direi non più del 10% dei votanti, più o meno distribuiti fra tutti gli schieramenti), l’esito delle elezioni è comunque deciso dall’altro 90%.
Continuiamo allora ad impegnarci a capire meglio la complessità delle questioni economiche e sociali, a valutare meglio i candidati, ad approfondire la coerenza delle scelte politiche in ordine ai diversi problemi, ma non illudiamoci che vinceremo nella misura in cui noi saremo convinti, né che questo basterà a convincere molti altri.
Temo (lo so che scopro l’acqua calda) che la maggior parte degli elettori scelga alla fine in base a spinte, emozioni, pulsioni che poco hanno a che fare con i contenuti della politica: la simpatia, la bellezza, gli slogan, i pregiudizi alimentati, la ripetizione dei luoghi comuni condizionano l’esito elettorale molto più di tutto il  resto. Non darei invece troppo peso al voto di interesse: tolti infatti quelli (che pur ci sono) capaci di trasformare il loro voto in un biglietto da cinquanta euro, gli altri che votano rincorrendo un personale interesse si nutrono più di promesse che di realtà e sono facilmente condizionabili (basta promettere di più).
E allora ? Allora bisogna aver chiaro che fare seriamente politica e vincere le elezioni sono due cose diverse. Temo siano solo lontani parenti.
La politica si fa con i valori, i contenuti, le analisi, le coerenze possibili; le elezioni si vincono con le promesse, la simpatia, gli slogan, la bellezza, la demolizione sistematica dell’avversario.
La prima è una cosa seria e impegnativa, la seconda è puro marketing; ma senza la seconda, la prima si fa solo in salotto.
Fernando Collor de Mello non era un gran politico, ma le elezioni le aveva vinte.


venerdì 18 febbraio 2011

MI CHIAMO LORENZO E NASCERO' AD APRILE

Mi chiamo Lorenzo e nascerò ad aprile del 2011.
Ho sentito dire (da qui dentro si sente tutto) che sarà primavera, a quanto pare una stagione piacevole con sole luminoso, giornate che si allungano e fiori che profumano: bene, cominciamo bene.
Sto cercando di farmi un'idea di quello che mi aspetta lì fuori, di come si vive, di cosa c'è di bello e di interessante, cosa si fa, insomma come funziona questa avventura che mi aspetta e che durerà -così dicono- circa novanta anni, forse anche di più (se le cose stanno così dovrei riuscire a vedere, da vecchio, l’inizio del 22° secolo!).
Ovviamente non ho esperienza di quanto duri un anno, ma considerando che sono qui dentro da poco più di sei mesi e già mi sembra tanto, un anno deve essere abbastanza lungo; anche se probabilmente lì fuori ci sono molte cose da fare e da vedere e il tempo passa più in fretta di quanto non si creda (anche questo l'ho sentito dire più volte).
Sono curioso di vedere come sono fatto io e come siete fatti voi.
Sono curioso di capire cosa intendete esattamente quando dite “si”, “no”, “bello”, “brutto”, “buono”, “cattivo”, “mi piace”, “non mi piace”; sembra siano differenze piuttosto importanti almeno a giudicare da quanto discutete e vi arrabbiate per queste faccende.
Sono curioso di capire cosa si prova a fare tutte quelle azioni di cui sento parlare e che non riesco ad immaginare: camminare, cantare, viaggiare, toccare, mangiare, correre, baciare, sognare, giocare… non so bene che roba sia ma deve essere davvero divertente.
Ma voi quanti siete? Sento parlare molte persone e di molte persone, temo di capitare in un posto molto affollato, anche se non vedo l’ora di conoscere gli altri che -come me- cominciano quest’anno : con loro almeno sarò alla pari e non mi tratteranno con quell’aria “saputa” (che ormai riconosco) utilizzata da chi è arrivato prima con chi è arrivato dopo.
Sembra succedano un sacco di cose lì fuori, anche se poi -in certi momenti- tutto tace e sembra che non succeda più niente. Non riesco a spiegarmelo… come se le cose accadessero solo quando voi volete che accadano. Sospetto che le cose che davvero vi toccano direttamente non siano poi tante, solo che si confondono con quelle che capitano agli altri, con quelle che raccontate e che vi raccontano, con quelle che vorreste che capitassero ma non capitano e con quelle che potevano essere e non sono state… insomma una grande confusione… io cercherò di essere più ordinato: non vorrei sprecare nulla dei miei novant’anni a rincorrere cose che non esistono.
C’è poi una domanda importante di cui mi piacerebbe conoscere la risposta: ma voi siete contenti di vivere? Lo chiedo perché sento certi discorsi che mi fanno venire qualche dubbio. Se crescere, capire, incontrarsi, conoscere, amarsi, inventare, decidere, correre e avere figli sono cose così belle come sembra (lo spero proprio!), perché allora certe volte dite che non è così e che è tutta una fregatura ? Non facciamo scherzi ! Io devo ancora cominciare, sono sicuro che ne vale la pena (anzi non vedo l’ora) e così mi piacerebbe vedere facce sorridenti e incontrare persone contente di stare con me… posso chiedere a tutti uno sforzetto di incoraggiamento, magari non solo di circostanza?
Non potendo vantare (of course) nessuna esperienza, provo in breve a dirvi come me la immagino (questa avventura) e cosa mi piacerebbe: me la immagino interessante, lunga, bella e intensa e mi piacerebbe viverla con tanti amici, divertendomi, provando tutto quello che si può e arrivare alla fine stanco ma contento.
Ditemi che si può fare.

venerdì 4 febbraio 2011

NON CHIEDERMI MAI COME

Vi è mai capitato di sentire qualcuno di idee politiche dichiaratamente opposte alle vostre fare affermazioni in cui vi ritrovate pienamente? Paura, eh?!
La reazione tranquillizzante in questi casi è immediata. Di essere finiti noi dalla parte sbagliata non se ne parla. Al massimo si può accettare che il nostro interlocutore sia prossimo alla “conversione” o che sia persona dotata di buon senso, casualmente ritrovatasi dall’altra parte (osservazione che, ovviamente, anche lui avrà fatto riferendosi a noi).
Come non condividere -ad esempio- l’idea che è inaccettabile l’attuale durata media di un processo? O come non essere d’accordo con chi auspica che si creino le condizioni per un alleggerimento delle tasse e che ci sia una maggiore equità fiscale? Chi può essere contrario all’idea che è indispensabile razionalizzare la spesa e ridurre gli sprechi? O che -tanto per dire una cosa originale- bisogna farla finita con i “lacci e lacciuoli” che soffocano la libera iniziativa?
Il fatto è che le vere differenze politiche non stanno nelle finalità che ciascuna parte dichiara di perseguire, ma nel modo in cui intende farlo (e nel modo in cui poi lo fa effettivamente).
La politica non è fatta di “cosa”, è fatta di “come”.
E’ nel “come” si vogliono accorciare i tempi dei processi che si vede la differenza: anticipare i tempi delle prescrizioni o aumentare risorse e mezzi a disposizione delle procure?
Come” vogliamo raggiungere una maggiore equità fiscale? Applichiamo meglio il principio di proporzionalità delle aliquote? Perseguiamo con più efficacia l’evasione? Puntiamo sulla riduzione delle aliquote e l’ampliamento della base impositiva?
Come” vogliamo razionalizzare la spesa, ridurre gli sprechi e sciogliere i “lacci e lacciuoli”?
Ciascuna di queste cose si può fare in modi diversi ed è proprio su questa diversità di modi che dovrebbe giocarsi il confronto delle idee… e invece non è così. Perché a dire come vogliamo fare le cose si è costretti ad esporsi, ad entrare nel merito, a lasciar capire anche come non vogliamo farle… insomma si scoprono le carte, si rischia di perdere consenso. Meglio eludere il merito e il contenuto, meglio rifugiarsi nei tranquilli paradisi dei grandi valori (la pace nel mondo va bene per tutti, dal papa a miss Alaska), nelle innocue foreste dei grandi auspici, nella stucchevole stanza degli specchi delle accuse reciproche.
Alla fine tutti affermano di volere le stesse cose e l’unico modo con cui si cerca di dimostrare di essere diversi dagli altri è sostenere che gli altri non sono credibili, che dicono ma non fanno, che dicono una cosa e ne fanno un’altra… eludendo così ancora una volta il piano del merito spostando il discorso su quello impalpabile (e soggettivo) della credibilità.
Ma che politica è una politica che del come non vuole parlare mai, che proclama ma non sceglie, che preferisce sempre la pubblicità al prodotto?
C’è da stupirsi se in questo scenario di chiacchiere incomprensibili e proposte inverificabili il culo di Ruby diventa più importante della cassa integrazione ?