lunedì 19 novembre 2012

SKYFALL

“Skyfall”, ultimo spettacolare film di 007. Un navigato James Bond ironizza sulla giovane età del nuovo Quartermaster  dei servizi segreti inglesi che, irritato, puntualizza: “L’età non è garanzia di efficacia”. Bond ribatte “La gioventù non è garanzia di innovazione”.
Nulla di nuovo, solo l’eterno  conflitto generazionale riscontrabile in ogni cultura e in ogni epoca.
La novità dei nostri tempi (secondo me non buona) non è nella conflittualità tra vecchi e giovani, ma nella parola “garanzia”.
Vogliamo, anzi pretendiamo, la garanzia che quello che facciamo, (vogliamo, scegliamo, aspettiamo, speriamo, votiamo) funzioni.
Non si capisce bene chi dovrebbe o potrebbe "garantirci" l'efficacia delle nostre scelte personali, affettive, lavorative, sociali e politiche. La verità -che preferiamo rimuovere- è che nessuno può garantirci, dobbiamo accettare il rischio di sbagliare o di essere ingannati. Insomma il contrario della garanzia..
Deviati e viziati dal "soddisfatti o rimborsati" con cui cercano di spingerci a fare acquisti (apparentemente) senza rischi, non sappiamo e non vogliamo (più) correre rischi in nessuna delle nostre scelte, e quando siamo costretti a farlo ci sembra di subire un torto o un ricatto.
Ovviamente è più comodo e rassicurante credere al politico di turno che ci "garantisce" un futuro con più giustizia, meno tasse, più investimenti, meno problemi, migliore sviluppo, ecc. (rimuovendo il dubbio che alcune di queste garanzie siano tra loro incompatibili !), che cercare di capire cosa sia veramente possibile fare e ragionevole attendersi.
Insomma, non potendo più credere a babbo natale per ragioni anagrafiche, recuperiamo alla grande sul piano politico, disposti a credere qualunque cosa, purché bella e risolutiva.
A meno che non pensiamo di essere James Bond, ma di quello ce n'è uno.

domenica 11 novembre 2012

LA SOTTILE LINEA ROSSA

Più leggo i discorsi e le dichiarazioni dei politici, più mi torna in mente l’affermazione di Rudyard Kipling «Tra la lucidità e la follia c'è solo una sottile linea rossa», da cui il titolo del grande film di Terrence Malick, Orso d’oro al festival di Berlino del 1998.
Mi riferisco a quella sottile linea che distingue le affermazioni banali da quelle che hanno un significato, il politichese vuoto dalle proposte sul merito, i valori generici dalla loro declinazione sul piano di realtà.
Mi piacerebbe riuscire a tenere d’occhio questa linea rossa per restare possibilmente dalla stessa parte (quella sensata),  ma non è impresa facile perché essa è diventata davvero sottile, e sembra che i politici non abbiano alcun interesse a renderla visibile.
E’ diventata sottile perché la complessità delle questioni rende sempre più urgente la necessità di semplificare e “parlar chiaro” (per poterci capire qualcosa, farsi un opinione e decidere fra opzioni comprensibili e sensate, o  anche semplicemente per comunicare la propria posizione), ma il limite di questa semplificazione è proprio la banalità e non è facile trovare l’equilibrio giusto tra il “complicato” e lo “stupido”. Probabilmente affermare che “la riduzione del cuneo fiscale può favorire la crescita del prodotto interno lordo e dell'occupazione” è ancora troppo complicato per farsi capire da chi non si occupa di economia e fiscalità, ma se –per semplificare ulteriormente- si dice “basta con le tasse, creiamo posti di lavoro!” in realtà non si sta dicendo niente di significativo nel merito del problema, ma solo esprimendo un desiderio sicuramente condivisibile ma generico. Quanto è larga “la linea rossa” tra le due affermazioni? Chi è capace di formulare meglio il pensiero perché sia più comprensibile ma senza perdere il suo significato? E, soprattutto, ai politici interessa davvero salvare il senso di quanto affermano (non sempre compatibile con il con-senso a basso prezzo)?  Lo sappiamo tutti che paga più un “Meno tasse per tutti!” che un piano serio di riduzione del debito pubblico, ma è proprio per questo che oggi stiamo come stiamo.
Se il linguaggio non “significa” più quello che dice non serve più a niente.
Non ha tutti i torti Grillo quando afferma nel suo blog che il linguaggio politico è oggi diventato "una ‘Lourdes linguistica’ che edulcora e trasforma le parole, sostituisce la realtà, si pone come sudario sul corpo vivo della società” o quando cita George Orwell (da "Politics and the English Language"):"Se semplifichi il tuo linguaggio, ti liberi dalle peggiori follie dell'ortodossia. Non potendo più parlare nessuno dei gerghi prescritti, se dici una stupidaggine la tua stupidità sarà evidente anche a te. Il linguaggio politico e' inteso a far sembrare veritiere le menzogne e rispettabile ogni nefandezza, e a dare una parvenza di verità all'aria fritta", ma la soluzione non è certo nell’illusione che basti gridare “pane al pane” e “vino al vino” per recuperare una verginità impossibile, la soluzione è tenere d’occhio la linea rossa (per sottile che sia) e fare ogni volta lo sforzo di avvicinarsi il più possibile al confine della semplificazione comprensibile senza cadere nella stupidità e senza farlo apposta per vendere area fritta a buon mercato.