sabato 21 dicembre 2013

SOLSTIZIO D'INVERNO

Oggi è il solstizio di inverno.
Da domani le giornate cominceranno di nuovo ad allungarsi.
E' uno degli eventi naturali che "sento" di più e che mi piace caricare di significati simbolici: la primavera verrà e dunque diventa lecito e ragionevole sperare.
Nell'antico Iran famiglie e gruppi di amici passavano la notte insieme, raccontando storie e leggendo poesie davanti a un banchetto di frutta fresca per condividere la gioia della speranza ritrovata.
Il solstizio mi fa sentire parte di un flusso vitale che va oltre le singole vite personali, le cui vicende restano certamente importanti, ma non assolute, e questo mi aiuta a ristabilire le proporzioni.
La luce torna, la vita -ancora invisibile nei semi interrati del grano- riprende a scorrere: ci facciamo un altro giro. (E comunque siamo autorizzati a sperarlo).


domenica 15 dicembre 2013

GENERAZIONANDO...

20 – Qui bisogna cambiare tutto! Se non cambia il sistema io non avrò mai spazio, non avrò un lavoro, sarò precario tutta la vita e, alla fine, non avrò neppure la pensione.
Voi parlate, ma gli anni passano e con essi la mia vita! Non è giusto! Perché non devo avere la possibilità -come quelli prima di me- di lavorare stabilmente, di farmi una famiglia, di risparmiare per comprarmi una casa, di invecchiare serenamente?
60 – Hai ragione, ma che posso farci? Sono forse io che ho causato tutto questo? Io ho solo studiato e lavorato, il resto è venuto da sé. Quando avevo vent’anni era normale trovare un lavoro stabile, avere figli, fare un mutuo, versare i contributi per la pensione…, non sembrava affatto un privilegio…
20 – Non lo so che puoi farci, non lo so chi può farci qualcosa, ma io mi sento vittima di una ingiustizia!
40 – E io allora? Sono rimasto in mezzo al guado… Sembrava che tutto continuasse come prima e invece a un certo punto si è bloccato! Mi ritrovo con il mutuo da pagare, i figli ancora a scuola e il lavoro che non c’è (e quando c’è sembra una grazia ricevuta che dura solo qualche mese…)
80 – Non so di chi è la colpa di questa situazione, ma saperlo per la soddisfazione di prendersela con qualcuno (ammesso che sia possibile in faccende così complesse!) non servirà a niente. Sarà perché sono alla fine della corsa, ma penso che il futuro sia sempre più importante del passato, e può cambiare malgrado il passato, qualunque passato! (Il mio passato era il fascismo e la guerra!). A condizione ovviamente che non ci si limiti a parlare!
60 – Io volentieri mi leverei di mezzo per fare posto ai ventenni disoccupati e ai quarantenni disperati!  Ma non è come al cinema… non sono posti numerati. Non è che se io sparisco automaticamente un altro trova lavoro…
40 – Qui non si tratta di qualcuno al posto di un altro, si tratta proprio di lavoro che non c’è… quel lavoro non è più qui, è in Cina, in India, in Brasile, in Indonesia… è là dove l’economia è in crescita, dove ci sono più giovani che vecchi, dove vengono fatte le cose che noi compriamo qui. Quando dicono che si sono “persi” centomila posti di lavoro, che significa? Dove sono andati quei posti? Sono andati altrove o sono scomparsi?
60 – Non è questione di giovani e vecchi, di euro e Europa, ma di semplice produttività. Non solo i beni, ma spesso anche i servizi possono essere prodotti altrove e venduti qui. Chi li produce a prezzi migliori li vende e chi vende crea lavoro. Chi non ce la fa il lavoro lo perde. Il resto sono chiacchiere da salotto.
20 –Vabbè, ma allora che devo fare per avere un futuro? Emigrare in Cina? Tanto ho capito che un lavoro stabile non lo avrò mai…
80 – Non lo so se sarebbe utile andare in Cina, ma di certo non è una buona idea trascorrere la vita disperandosi perché non è come quella di prima, perché non è come pensi di aver diritto che sia, perché non è come quella che avevi immaginato da piccolo, insomma pensando continuamente a ciò che essa non è! Se vuoi una cosa, datti da fare per averla:  se ci riesci l’avrai, se non ci riesci punta ad altro, fattene una ragione, non una ossessione! Pensa a quanto tempo e a quante altre occasioni perderai  a causa della tua ossessione!
40 –E i nostri governi, il nostro parlamento? Non riescono a inventare proprio nulla per rilanciare la nostra economia? A trovare prodotti e servizi in cui possiamo essere competitivi? A creare spazi di lavoro (non di assistenza insostenibile!) per chi davvero vuole lavorare?
60 –Mi sembrano troppo impegnati a descrivere i problemi per avere il tempo di cercare le soluzioni.
80 – Questo film ho l’impressione di averlo già visto…

sabato 5 ottobre 2013

RISUCCEDERA' SICURAMENTE

Indignazione, orrore, incredulità, solidarietà, emozione, rabbia, pianto, esecrazione, sconcerto… chi non ha provato questi sentimenti in questi giorni di fronte alle notizie e alle immagini di Lampedusa ?
Sono sentimenti comprensibili, ma -appunto- solo sentimenti.
Ci sono poi i proclami: Basta! Mai più! L’Europa faccia qualcosa! Il governo faccia qualcosa! L’Onu faccia qualcosa! Dio faccia qualcosa! Insomma qualcuno faccia qualcosa perché questo non risucceda!
Comprensibili, ma -appunto- solo proclami, auspici.
Seguono le riflessioni sulle cause “profonde”: lo squilibrio nord-sud, la spinta demografica, le guerre indotte, la corruzione dei governi locali, la cooperazione tradita… Tutto vero, ma tutto così generico da confinare con gli inviti alla pace nel mondo, a rimettere l’uomo al centro, a recuperare i valori smarriti.
Indicazioni troppo “profonde”, affermazioni troppo generiche, “inafferrabili” e troppo distanti da una rigorosa analisi dei rapporti di causa-effetto dei singoli passaggi, l’unica che può portare ad interventi efficaci (sempre se qualcuno è davvero interessato a realizzarli).
E poiché non sono  i sentimenti, né gli auspici, né le analisi generiche a determinare da soli gli accadimenti, non è difficile prevedere che un evento simile risuccederà sicuramente.
Non è una previsione pessimistica, risuccederà sicuramente perché non è venuta meno nessuna delle cause -né immediate, né remote- che lo hanno prodotto.
E’ stata forse offerta a chi fugge da conflitti e persecuzioni una alternativa al barcone e allo scafista?
Sono forse mutate le condizioni di vivibilità nei campi di concentramento in  Libia?
E’ forse cambiato il regime di Isayas Afewerki in Eritrea che è al potere da vent'anni e che viola sistematicamente i diritti del suo popolo?
E’ forse cambiata la situazione assurda in cui si vive in Somalia senza legge, senza diritti e senza futuro?
E’ forse finita la guerra civile (si fa per dire) in Siria con i campi di fuga in Turchia, Giordania e Libano ormai pieni?
E chi fugge da questi inferni come potrebbe evitare di arrivare clandestino su un barcone a Lampedusa? Chiedendo forse un visto all’ambasciata italiana a Damasco (chiusa da mesi) e sbarcare pulito e profumato a Fiumicino? (Dove la polizia aeroportuale impedisce alle famiglie di rifugiati riportati in Italia da Svezia, Danimarca, Germania, per l’applicazione cieca del folle regolamento di Dublino, anche di sostare sul marciapiede durante la notte?)
Qualcuno ha proposto di rivedere -per davvero!- l’applicazione del regolamento di Dublino che obbliga i rifugiati a restare nel paese che hanno toccato per primo? (O aspettiamo che costruiscano un viadotto Mogadiscio-Amburgo per evitare l’affollamento a Lampedusa?)

Risuccederà sicuramente perché tutto è rimasto come prima.
Possiamo però sperare di soffrire un po’ di meno le prossime volte perché cominceremo a farci l’abitudine e perché i titolisti avranno ormai consumato tutti gli aggettivi.

domenica 10 marzo 2013

L'ILLUSIONE DELLA SEMPLICITA'

Quando ero piccolo leggevo Topolino e la società di Topolinia era semplice da interpretare: Topolino era il buono, Gambadilegno era il cattivo, il commissario Basettoni lo arrestava e l’equilibrio veniva ristabilito. Niente di complicato.
Non ci ho messo molto a capire che la realtà era più complessa, che tutti erano un po’ buoni e un po’ cattivi, che anche i commissari avevano i loro problemi e gli equilibri compromessi non erano sempre facili da ristabilire.
Negli anni seguenti non è stato difficile nemmeno capire che le cose da conoscere e da fare sono sempre più complesse di quanto sembrino viste da fuori o da lontano: una nuova lingua da imparare, un viaggio da organizzare, una competenza da acquisire, una procedura da studiare.
Ancora più complesse, tanto da dover ricorrere necessariamente agli “addetti”, le questioni scientifiche, tecniche, economiche e mediche con cui ci troviamo -spesso nostro malgrado- a fare i conti.
Non parliamo poi di quanto possano essere complicate le relazioni con le persone, con le altre culture, con noi stessi.
Insomma non bisogna essere geni per capire che le cose sono sempre più complesse di quanto appaiano.
Ecco perché mi stupisce vedere persone adulte e mature inseguire l’illusione della semplicità con una ingenuità che sconfina nell’infantilismo. Sempre più spesso, negli ultimi tempi, sento difendere ipotesi economiche sviluppate col pallottoliere, strategie politiche internazionali come se le variabili in gioco fossero due o tre, scenari di politiche occupazionali che non funzionerebbero neppure nel medioevo, terapie di gravi malattie basate sui prodotti dell’orto, assetti istituzionali che gli Assiri giudicherebbero primitivi.
L’unica spiegazione che trovo per giustificare questa ostinata rimozione della complessità è la paura.
La paura di non riuscire a controllare i processi, la paura che oscuri complottisti si annidino ovunque, la paura di non capire, la paura di delegare, la paura di essere fregati, la paura di non essere all’altezza.
Ma la paura, si sa, non è la migliore delle consigliere; e allora, invece di studiare ciò che è alla nostra portata, informarci e confrontare le diverse soluzioni, affidarci a chi ne sa più di noi, correre l’ineludibile rischio della delega e accettare le mediazioni inevitabili perché non tutti la pensano come noi…  preferiamo regredire all’infantile livello della negazione della complessità. Qualunque sia il problema pretendiamo che sia possibile giocarselo a pari o dispari.
Dobbiamo farci pace: è la vita che è complessa.
Far finta che non lo sia è una bugia che non aiuta a vivere bene.

lunedì 18 febbraio 2013

IL MOTORINO E LA POLITICA

Mercoledi 22 gennaio 1969 ritiravo la mia bellissima prima vespetta 50… oggi dopo oltre 44 anni che mi sposto per Roma su due ruote mi sono convinto che muoversi abitualmente nel traffico con moto e motorini non è solo questione di praticità, è una filosofia di vita.
Preciso: non è la tua filosofia di vita che ti fa usare il motorino, è l’uso del motorino che plasma –anno dopo anno- la tua filosofia di vita.
A forza di muoverti nel traffico su due ruote, finisce per cambiare il tuo modo di valutare lo spazio e il tempo e -soprattutto- il tuo approccio ai problemi.
Ecco alcune delle convinzioni filosofico/politiche indotte dall’uso quotidiano del motorino:
1. nessuna situazione è così disperata da non avere una via di uscita e vale sempre la pena provarci [niente a che vedere con chi va in macchina e di fronte a un ingorgo può solo fermarsi, imprecare  o infruttuosamente disperarsi]
2. la soluzione dei problemi è nella creatività: a volte è lo spazietto tra marciapiede e paraurti, a volte il corridoio tra le file parallele, a volte la breve escursione sul marciapiede, a volte la diagonale… [niente a che vedere con chi può solo andare avanti, indietro o fermarsi]
3. la flessibilità, la precisione e la leggerezza sono risorse preziose e risolutive: pochi centimetri fanno la differenza  tra la pozzanghera e l’asciutto, tra il giallo e il rosso del semaforo, tra il parcheggiare o il continuare a girare in cerca di un posto…
4. sei tu che fai la strada e non la strada che condiziona te: ogni percorso è una interpretazione. Puoi fare lo stesso tragitto inventando mille modi diversi… è come suonare uno spartito! [in macchina, al massimo, suoni il clacson]
5. la strada, per governarla, bisogna conoscerla da vicino: buche, avvallamenti , radici, dossi, questa è la realtà… l’asfalto liscio è una finzione da cartone animato.
Non farei fare il sindaco, il presidente di regione o il capo del governo a chi non ha mai guidato un motorino…  non mi fiderei di chi si muove solo con l’autista… (ma che ne sa di buche, pozzanghere e creatività per risolvere i problemi?)