giovedì 11 agosto 2016

RECIPROCAMENTE


Siamo proprio sicuri che quello che a noi sembra bello, buono, elegante, giusto, gustoso, ammirevole e profumato lo sia o debba esserlo per tutti?
Siamo proprio sicuri che i nostri gusti, le nostre convinzioni, le nostre forme espressive e le nostre priorità siano quanto di più avanzato e illuminato la storia dell’umanità abbia mai concepito e prodotto?
Se qualcuno è proprio sicuro che le cose stiano così, faccia pure e giudichi pure il mondo dal suo punto di vista, ma tenga conto che la stessa identica e simmetrica certezza sarà presente anche tra coloro che hanno gusti, convinzioni, forme espressive e priorità diverse dalle sue. Anche tra chi esprime culture diverse ci sarà chi ritiene il suo punto di vista il più avanzato e illuminato che la storia dell’umanità abbia mai concepito e prodotto.
Inoltre le culture diverse non sono certo solo due e i “pacchetti” culturali cambiano continuamente, si ibridano nel tempo, si condizionano reciprocamente molto più di quanto non si creda. Le culture sono fluide e definirne i confini con nettezza è come voler tagliare la minestra col coltello.
Se c’è un principio di cui sono sicuro è quello della reciprocità: se tu sembri strano a me, probabilmente io sembro strano a te e se ho il diritto di non essere obbligato a cambiare la mia convinzione e a poterla esprimere senza essere giudicato, discriminato o irriso, il prezzo di questo diritto sarà necessariamente quello di riconoscerlo simmetricamente all’altro senza giudicarlo, discriminarlo o irriderlo.
Che tra un piatto di spaghetti all’amatriciana e uno spiedino di larve di palma io preferisca il primo, ma arrivi a capire che c’è chi possa preferire il secondo non è poi così difficile: finché si tratta di gusti e convinzioni relative all’alimentazione, all’abbigliamento o all’arredamento non ci costa troppo accettare il principio della reciprocità del diritto (purché nessuno mi obblighi a mangiare larve, a indossare un turbante o a dormire su una stuoia), ma quando il principio della reciprocità del diritto tocca questioni più delicate e complesse come l’autodeterminazione del singolo, i rapporti familiari e sociali, il sesso, la percezione del corpo, il rapporto con il denaro o la privacy dei sentimenti non ci accontentiamo più di avere il diritto di pensarla come la pensiamo: ci sovviene la “certezza” di essere i più avanzati e illuminati che la storia dell’umanità abbia mai concepito e prodotto e pretendiamo che gli altri lo riconoscano (dimenticando ovviamente che anche gli “altri” stanno facendo esattamente lo stesso ragionamento…).
Detto questo, mi fa molto piacere vedere che una ragazza tedesca e una ragazza egiziana provenienti da contesti e culture diverse, giochino in Brasile la stessa partita, nella stessa olimpiade, con le stesse regole: mi fa sperare che -malgrado tutte le differenze- il minimo comune multiplo tra le culture sia comunque un ricco patrimonio da condividere e da godere insieme.

P.S. - Prima che qualcuno lo dica: no, questo non è il trionfo della relatività, nessuno mi chiede di credere “relativamente” alle cose in cui credo, o di essere solo “relativamente” convinto delle mie convinzioni. Ho il diritto di esserne convinto in modo “assoluto” e anche il diritto di comportarmi conseguentemente (ovviamente nei limiti delle leggi del posto in cui vivo, nell’epoca in cui vivo). Quello che non posso pretendere è che chi non la pensa come me sia necessariamente o stupido o in mala fede (anche perché lui avrebbe il diritto di pensarlo di me).