domenica 9 novembre 2014

IL RIFIUTO DELLA COMPLESSITA'

Vuoi più bene a papà o a mamma? Sei stato buono o cattivo? A scuola è andata bene o male?
Ci sono alcuni aspetti dell’infanzia dai quali non riusciamo mai a staccarci del tutto. Uno di questi è la convinzione che i giudizi debbano e possano essere ridotti sempre a una scelta secca tra due opzioni.

Anche se da bambini percepivamo nettamente l’assurdità di alcune domande e l’impossibilità (anzi l’ingiustizia!) di ficcare dentro un si o un no tutto quello che in una scelta secca non ci può stare, da adulti -una vendetta?- pretendiamo che i giudizi che riguardano le relazioni,  la politica, l’economia, il lavoro, la vita, siano riconducibili ad un impossibile on-off.
La realtà è sempre più complessa, conviene farci pace. La complessità non è un sopruso a cui ribellarsi, è semplicemente come sono fatte le cose, come siamo fatti noi.
Spesso la complessità non ci piace, vorremmo che tutto fosse più semplice e più rapido: così non è e non ci stiamo. Ci scatta la nostalgia della lavagna divisa in due: buoni e cattivi, degli indiani e dei cowboys…
Non avremmo mai voluto sapere che ci sono anche i quasi buoni, i certe-volte cattivi, i mezzosangue, i traditori, gli indiani che sembrano cowboys; non avremmo mai voluto imparare che senza-se-e-senza-ma va bene per le campagne elettorali e gli striscioni nei cortei e invece la vita è strapiena di “se” e di “ma”, e vivere, capirsi e amarsi è possibile solo se impariamo tener conto con saggezza di questi “se” e di questi “ma”…; non avremmo mai voluto capire che la odiatissima espressione del professore al liceo dipende dal contestonon riguardava solo la sintassi latina, ma tutto quello che ci sarebbe capitato dopo.
E invece tutto questo l’abbiamo saputo, l’abbiamo imparato, l’abbiamo capito: lo sappiamo benissimo, ma ci piace giocare a fare i bambini e far finta che le cose siano semplici, che sia possibile ridurre tutto a on-off e che –se non è possibile- è perché qualcuno ci sta truffando…
Intendiamoci: altro è il giudizio, altro è la decisione. 
Il giudizio è necessariamente complesso, sfumato, legato a variabili non prevedibili, a volte contraddittorio…, ma questo non può tradursi in un alibi per non decidere nulla, o per rimandare all’infinito cosa fare. 
Decidere significa -appunto- tener conto del giudizio e della sua complessità e correre il rischio di fare o non fare, andare o non andare, prendere o lasciare. E’ sul piano della singola decisione che vale la regola dell’on-off, è lì che non ci sono nascondigli… non il contrario.
Com’erano tranquillizzanti le storie in bianco e nero… (maledetti grigi!)

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